“L’importante è che ci sia la salute”: quante volte ci siamo sentiti ripetere un’affermazione analoga a questa oppure l’abbiamo pronunciata noi stessi?
Quando ci fermiamo un secondo a riflettere, capiamo davvero che – a fronte di tanti pensieri che affollano le nostre menti tutti i giorni – stare bene fisicamente e mentalmente è la premessa fondamentale per vivere serenamente.
La pandemia di Covid-19 ci ha imposto con forza questa considerazione: tutti noi siamo stati toccati più o meno direttamente dal virus. Chi ha perso una persona cara, chi ha affrontato settimane di terapia intensiva, ma anche solo la cronaca quotidiana ci ha ricordato quanto siamo fortunati quando siamo in salute.
Non solo: le misure di distanziamento per il contrasto all’epidemia ci hanno obbligati a passare varie settimane nelle nostre case senza poter uscire se non per le urgenze. Abbiamo dovuto sospendere o rimandare tante attività e anche questo ha fatto sì che ci rendessimo conto dell’importanza della salute.
Sustainable Development Goal n. 3
Salute e benessere rappresentano anche uno specifico obiettivo di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: il Sustainable Development Goal n. 3, il quale è stato sicuramente il più sollecitato – tra i 17 SDGs – dalla pandemia del Coronavirus. ASviS ha analizzato i vari decreti del Governo alla luce degli SDGs ed ha registrato come l’azione politica si sia maggiormente focalizzata sul Goal 3 (Salute) sul Goal 8 (Condizione economica e occupazionale) e sul Goal 9 (Innovazione).
Gli interventi sono stati più indirizzati a gestire la grave emergenza sanitaria per contenere i danni in termini di vite umane che ad avvicinare l’Italia al raggiungimento dell’obiettivo di sviluppo sostenibile, tuttavia viene spontaneo chiedersi a che punto sia il nostro Paese rispetto al Goal 3.
Negli ultimi 10 anni l’indicatore relativo al SDG 3 è complessivamente migliorato, ma rimangono preoccupanti i dati relativi ad alcune problematiche su cui anche il recente lockdown ha inciso. Anche chi ha continuato a lavorare da remoto oppure in sede si è ritrovato con molto più tempo libero rispetto al periodo pre-Covid.
In questo tempo libero che cosa hanno fatto gli italiani per la propria salute e il proprio benessere?
Gli scaffali dei supermercati ci dicono che gli italiani hanno riscoperto l’antica arte della pizza, gli attestati su LinkedIn ci dicono che gli italiani hanno seguito corsi online, le foto su Instagram ci dicono che gli italiani hanno fatto attività fisica…
Benessere mentale
Alla fine del 2019, l’indicatore SDG3, così come riportato da ASviS, era sensibilmente peggiorato in Valle D’Aosta e in Liguria, a causa dell’aumento del tasso dei suicidi.
Il distanziamento sociale imposto dalle restrizioni governative ha accentuato le condizioni di solitudine di persone già fragili e gli psicologi hanno lanciato un allarme specifico per gli adolescenti: il rischio della sindrome di Hikikomori, termine giapponese usato per riferirsi a coloro che si ritirano dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento e concentrando le proprie attività sui device tecnologici.
Il lockdown tuttavia è stato certamente anche un’occasione per molti di recuperare un equilibrio perduto nella quotidianità, attraverso la riscoperta della lentezza e del silenzio. Così la lettura, le attività manuali e artistiche, le discipline come lo yoga e il tempo per la cura della persona hanno aiutato gli italiani a dare importanza e sviluppare il proprio benessere mentale.
Vi è stata anche una riscoperta dei luoghi lontani dalla frenesia cittadina: chi ha potuto è ritornato alla casa di origine lontana dalle metropoli e ciò ha dato vita ad un movimento di ripensamento delle strutture aziendali centralizzate e dello smartworking, sfociato anche nella coniazione del termine “South-working”, per indicare la possibilità di lavorare per aziende del Nord Italia dalle regioni del Sud, con un notevole miglioramento del work-life balance.
Commuting e incidenti stradali
Preoccupante resta anche il tasso di mortalità per incidenti stradali, il quale è tornato ad aumentare nel 2017.
L’Istat stima che nel 2017 circa 30 milioni di persone si siano spostate ogni giorno per raggiungere il luogo di studio o di lavoro: oltre un terzo della popolazione (il 35,5%) si sposta per motivi di lavoro, il 18,5% per motivi di studio.
Il commuting o pendolarismo quindi non è solo stressante, ma anche pericoloso. Anche su questo aspetto la pandemia ha inciso: nel periodo di chiusura, infatti, gli spostamenti sono stati ridotti al minimo indispensabile e con essi anche gli incidenti stradali. È naturale quindi riflettere sull’importanza che ha il mantenimento di quanto abbiamo implementato rapidamente in termini di lavoro e didattica a distanza. Infatti, ciò avrebbe effetti macroscopici non solo per quanto riguarda la salute mentale, ma anche e soprattutto la salute fisica degli italiani.
Dieta sana e sostenibile
Il modello virtuoso per la salute e per l’ambiente è dato dalla dieta mediterranea: frutta, verdura, ortaggi e legumi sono tra i cibi più sostenibili, oltre che i più sani. Lo evidenziano le Linee guida per una sana alimentazione del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, documento che parte da un’analisi preoccupante: l’Italia è il Paese d’Europa con la più alta prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini in età scolare: un terzo dei bambini italiani è in sovrappeso.
Durante il lockdown però gli italiani si sono allontanati dai cibi pronti e veloci e si sono riavvicinati quell’arte culinaria di cui sono maestri in tutto il mondo. Non solo: visto che per molti la spesa è stata (diciamocelo) l’unica opportunità di evasione dalle proprie case, molta più attenzione è stata dedicata alla scelta degli ingredienti, con evidenti benefici per la salute e l’ambiente. In molti casi la cura o la realizzazione da zero dell’orto (i più fortunati in giardino, ma anche sul balcone) è stata un’attività ricreativa che ha impegnato il tempo libero della quarantena.
Questo ritorno ad una cultura del cibo sano e buono che storicamente ci ha caratterizzato e che va insegnato anche ai bambini, potrebbe essere un elemento decisivo per invertire la rotta con riferimento ai problemi di obesità.
Attività fisica
Gli italiani sono troppo sedentari e fanno poca attività fisica: ciò ha un impatto non solo sul tema già menzionato dell’obesità, ma più in generale sulla salute fisica e mentale di giovani e adulti.
L’OMS raccomanda di praticare almeno un’ora di attività fisica al giorno, ma in 146 Paesi oltre l’80% degli adolescenti non svolge l’adeguata quantità di esercizio. Nel 2001 in Italia la percentuale di adolescenti che non praticava giornalmente la giusta quantità di attività fisica era pari all’86,7% (90,6% le ragazze e 82,9% i ragazzi). Nel 2016, il dato è peggiorato crescendo di due punti percentuali.
Tra video-lezioni e il proliferare di app per il workout, durante l’isolamento i giovani italiani sono stati più invogliati a fare attività fisica, complice la possibilità di allenarsi da casa senza dover raggiungere palestre e centri sportivi che ha convinto anche i più pigri. Quando è stato permesso, anche le passeggiate e le corse sono tornate in voga, se non altro per respirare una boccata d’aria ed evadere.
C’è da sperare che queste nuove modalità di allenamento restino parte della nostra quotidianità.
Conclusioni
Il Covid ha avuto grandi costi in termini di morti e malati, tuttavia è possibile rinvenire alcuni dati positivi per la salute e il benessere, fisico e mentale, nel periodo di lockdown. Il tempo che dedicavamo a stressanti spostamenti casa-lavoro durante la quarantena ha formato un tesoretto da reinvestire in se stessi: nella cura del corpo, attraverso l’attività fisica e la preparazione di pasti più sani, nella cura della mente, attraverso le molte opportunità di apprendimento disponibili e momenti di creatività.
Lo stress causato dalla freneticità della nostra società ci stanca e occupa spazio nelle nostre vite minando al nostro benessere.
Nel tornare alla normalità, dovremmo cercare di conservare quelle abitudini che ci facevano stare meglio con noi stessi.
Articolo di Silvia Bernardi, Global Shapers Venice Hub
Illustrazione di Asami Gambino e Filippo Mola
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