L’emergenza COVID sta cambiando il mondo del lavoro. Molto velocemente. Secondo stime preliminari dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la crisi economica causata dal COVID-19 potrebbero incrementare la disoccupazione nel mondo per quasi 25 milioni di persone. La crisi avrà un impatto maggiore su quei gruppi di lavoratori e lavoratrici che svolgono tradizionalmente impieghi con meno garanzie e livelli di retribuzione più bassi, tra cui i giovani e i migranti.
Tuttavia, alcuni degli stravolgimenti portati dal COVID rappresentano un opportunità unica per il mercato del lavoro italiano: nuove modalità di lavoro (smart working e digitalizzazione forzata delle imprese), nuovi mestieri portati dal diffondersi del digitale e una rinnovata attenzione sulle competenze digitali. Cerchiamo di approfondire alcuni di questi aspetti insieme.
Obiettivo 9: Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile
Le conseguenze, positive e negative, legate al lavoro e all’innovazione che ci troveremo ad affrontare ci portano ad analizzare il loro impatto sull’Obiettivo 9 dell’Agenda 2030, che riguarda l’industria, l’innovazione e le infrastrutture. Questo obiettivo misura quali sono gli investimenti degli stati volti a costruire infrastrutture sostenibili e di qualità, a sostenere una trasformazione delle piccole e grandi imprese verso le nuove tecnologie che favoriscano equità nel lavoro e permettano di ottenere un uso più efficiente delle risorse.
L’Italia negli ultimi anni si è mossa egregiamente per il raggiungimento dell’Obiettivo 9, soprattutto in merito agli sforzi nella diffusione della banda larga, ma si rilevano ancora forti differenze sull’ammodernamento industriale tra nord e sud. E’ ancora necessario muoversi verso una semplificazione di norme e processi ed è assolutamente assente un piano di investimento per quanto riguarda il capitale umano, ovvero un piano mirato allo sviluppo di competenze digitali.
L’azione politica del Governo con il Decreto Rilancio del 28/5/20 pone una forte attenzione sull’Obiettivo 9, legato all’innovazione e non c’è dubbio che per superare la crisi sarà indispensabile andare verso la strada prospettata dai target di questo Obiettivo.
Il COVID e il settore primario: dalla crisi di liquidità al cyber food
Vi ricordate gli assedi ai negozi alimentari durante il primo mese di lock-down? Come se fossimo in procinto di assistere ad un’imminente carestia? Anche se la fornitura degli alimentari non ha mai effettivamente subito interruzioni poiché attività di coltivazione è stata inclusa tra quelle ritenute necessarie, purtroppo, il blocco degli esercizi pubblici è stato devastante per il settore agricolo italiano. Ad Aprile 2020 la Coldiretti lanciava l’allarme che 6 aziende agricole su 10 erano in crisi di liquidità a causa della pandemia da COVID che ha sconvolto i mercati con difficoltà per le esportazioni, lo stop forzato al canale ristorazione e la chiusura di alcune attività. Il caso limite è stato quello del crollo del mercato del latte e dei derivati, in particolare mozzarella e formaggi freschi.
In Italia, l’agroalimentare vale oltre 538 miliardi di euro, il 25% del Pil e offre lavoro a 3,7 milioni di persone dai campi di raccolta alla tavola, passando per industria, distribuzione e ristorazione. Con l’imposizione di blocchi nazionali in tutta Europa, l’interruzione del flusso dei lavoratori stagionali ha sollevato la questione su chi avrebbe raccolto frutta e verdura. Sono circa 370 mila gli stagionali regolari che arrivano ogni anno dall’estero garantendo ben il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie nelle campagne italiane. Infatti, si stima che il via libera all’ingresso alle frontiere dei lavoratori stranieri in questa Fase 2 salverà un quarto del raccolto Made in Italy.
L’emergenza corona virus ha mostrato l’urgenza di cambiare radicalmente il modello economico globalizzato. Dal modo di rapportarsi con i consumatori alla sostenibilità ambientale, economica e sociale e nel nuovo scenario post emergenza l’innovazione sarà uno strumento imprescindibile per garantire la prosperità della società. Per questo, diversi partner italiani coinvolti in questo settore, tra cui Coldiretti, hanno pubblicato un manifesto per promuovere un piano nazionale agroalimentare 4.0 dal campo alla tavola con tecnologie, sicurezza e controlli 100% Made in Italy. Partendo dal promuovere una transizione digitale verso l’adozione di tecnologie di agricoltura e zootecnia di precisione; passando dal sostenere lo sviluppo di canali di vendite digitali per le filiere corte nazionali; il manifesto sottolinea anche l’importanza di creare consapevolezza e cultura nei consumatori sulla provenienza dei prodotti e delle loro caratteristiche, garantendo sicurezza, salubrità e qualità attraverso l’adozione di tecnologie digitali per la tracciabilità dei prodotti.
L’impatto della crisi sull’industria italiana
La chiusura per decreto di ampi settori della manifattura ha generato un crollo senza precedenti dell’economia italiana. Non sono possibili raffronti con altre crisi, ancor meno con la profonda recessione del 2008. Basti pensare che a marzo 2020 la produzione industriale italiana ha accusato un crollo di oltre il 30% mentre nella crisi del 2008 la flessione dell’indice del 26,8% è avvenuta in 15 mesi. Tutti i comparti sono stati travolti dallo tsunami, anche quelli di utilità essenziale che non hanno subito lo stop per decreto come l’alimentare e il farmaceutico. I dati più drammatici hanno riguardato il settore dei mezzi di trasporto con un tonfo del 64,4% per gli autoveicoli e della moda che ha perso la collezione primavera-estate.
Per superare l’impatto di questa crisi, molte aziende dovranno inevitabilmente reinventarsi. La nuova fase non sarà un semplice ritorno al business pre-COVID, ma più probabilmente aprirà un decennio di “Never Normal”: una nuova era definita da rapidi cambiamenti nelle norme culturali, nei valori della società e nei comportamenti, come l’accresciuta domanda di politiche aziendali più responsabili e un rinnovato brand purpose. Questo contesto offre alle aziende l’opportunità, dettata dalla necessità, di creare quelle competenze in cui avrebbero dovuto investire prima della pandemia: essere più digitali, data-driven e sul cloud; avere più strutture di costo variabili, operations più agili e più automazione; avere capability più robuste nell’e-commerce e nella security.
Il mondo dei servizi: decolla lo smart working, ma soffrono turismo e ristorazione
Il settore terziario probabilmente sarà quello che pagherà più le conseguenze in termini economici. D’altronde, non c’è da stupirsi visto che è il settore che più di tutti si poggia su ciò che ci è mancato in questo periodo: le relazioni sociali.
Prima dell’emergenza COVID settori come il turismo, l’alberghiero, la ristorazione o i servizi alle imprese venivano visti come un inarrestabile mercato in via di sviluppo capace di creare un trend positivo nei nuovi impieghi, seppur a tempo parziale. Si parla di settori a bassa produttività ma alta densità di posti di lavoro, che a causa del lockdown e delle misure restrittive saranno destinati a subire quello che viene definito uno “shock economico”.
Si stima che la sospensione delle attività del terziario, soprattutto nel commercio e nel turismo, potrebbe portare ad una perdita di 420.000 posti di lavoro, che nel solo settore turistico costerebbe all’economia una perdita di 120 miliardi fino alla fine del 2020. I lavoratori impiegati in attività terziarie hanno spesso contratti intermittenti o a chiamata, tipici del settore turistico che registra forti stagionalità, e non avranno nemmeno il sostegno economico dato da specifici ammortizzatori sociali.
Non in tutti casi il periodo di emergenza ha portato o porterà a conseguenze negative.La tecnologia è stata un fattore abilitante per molti lavori e continuerà a segnare sempre di più il futuro di grandi e piccoli business. Il Covid ha fatto sì che anche piccoli negozi sviluppassero e-commerce per vendere i propri prodotti e difficilmente torneranno indietro, anche perché i consumatori saranno sempre più proiettati verso i modelli di acquisto online.
Molte aziende, che prima nemmeno lo contemplavano, hanno fatto ampio ricorso allo strumento dello Smart Working, per il quale vi è stata una semplificazione nell’adozione prevista da appositi decreti. Prima del COVID-19, il lavoro agile (o Smart Working) era praticato piuttosto marginalmente: nel 58% delle grandi imprese, nel 12% delle PMI e nel 16% delle PA (Osservatorio Politecnico di Milano).
Conclusioni
E’ chiaro dunque che il mondo del lavoro cambierà faccia dopo l’era COVID: nelle modalità di lavoro, nella richiesta di figure professionali e nelle modalità di selezione. I recruiter adotteranno sempre più modalità di interviste da remoto e test online di valutazione dei candidati, mentre i viaggi di lavoro saranno ridotti privilegiando le riunioni virtuali.
Occorre però, da parte delle aziende, un’attenzione alla gestione intelligente dello Smart Working, per non pesare sull’equilibrio psicofisico del lavoratore.
Giganti legati al digitale quali Facebook o Twitter, hanno già annunciato di voler estendere a periodo indefinito la possibilità per i propri dipendenti di usufruire dello smart working in futuro. Non dimentichiamoci poi che a cascata il lavoro da remoto ha generato altre conseguenze benefiche: ha ridotto gli spostamenti con auto private, riducendo il tasso di inquinamento delle grandi città, il traffico e conseguentemente anche gli incidenti.
La pandemia di COVID-19 ha trasformato per sempre la nostra esperienza come consumatori, dipendenti, cittadini e persone e i nostri comportamenti stanno cambiando di conseguenza. La crisi sta modificando le scelte di consumo, accelerando imponenti trasformazioni in tutti i settori. Una volta che la minaccia immediata del virus sarà passata, le aziende dovranno considerare l’impatto di tali trasformazioni sul modo di progettare, comunicare e costruire quelle esperienze che le persone desiderano. Con la nascita di questi nuovi comportamenti, le organizzazioni hanno anche l’opportunità di accelerare il passaggio verso la trasformazione digitale, espandendo i servizi attuali e creandone di nuovi.
Autori:
Ilaria Capocci e Adriana Bianco (Global Shapers Rome Hub)
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.